10 luglio 2021
A conclusione delle riflessioni sulla parola chiave “perdono”, voglio mettere nel cuore di tutti una perla di grande valore che ho incontrato in una pagina del libro di Alessandro D’Avenia, dal titolo l’Appello. La riporto un pò adattata all’essenziale, alla mia maniera. Eccola: ‘Si può essere tesi non perché agitati, ma perché in ricerca’. C’è “vita che cerca la vita e non si accontenta di quella che ha: slanci di amore verso tutto e tutti, col rischio di perdersi, un rischio accettato e voluto”. ‘Gli occhi parlano. Non restano chiusi, ma sono ben aperti. Non sono mai sazi di esplorare, di andare oltre’. Sotto le palpebre “pulsa l’inquietudine, un combattimento tra paura ed avventura, tra salvezza e sicurezza”. Si tratta di un combattimento buono che ognuno può affrontare “per decidere se costruire la propria vita sul dare o sul prendere, sull’amore o sul possesso, sull’invisibile o sul visibile”. Fin dove si può spingere l’amore? “Amare è dare a un altro ciò che non si possiede”. E ancora: “chi sa tenere la ferita del proprio dolore sempre aperta impara a curare quella altrui”. Proviamo a far entrare il perdono dentro questo percorso di vita! La ferita “aperta”, anche se è guarita grazie alla capacità di averla saputa riconoscere, di averla accolta e fatta diventare risorsa, attraverso il cammino di perdono, è “memoria” che fa entrare e facilita la comprensione degli altri.