Il caffè della Bellezza nel venerdì santo > l’albero della croce
Non so di che albero si trattasse, se di noce o di ulivo o di altro legno. So solo che venne scelto per sostenere ed innalzare un innocente sul monte Calvario, a Gerusalemme. La Croce ci rimanda alla fatica, alla sofferenza, al sacrificio, al peso, alla malattia, al dolore, in definitiva, alla morte. Situazioni simili bussano alla porta di ogni uomo e di ogni popolo. Basta guardare alla pandemia e all’attuale guerra tra Russia e Ucraina. A tutto possiamo pensare, quando parliamo di Croce. E’ possibile che da quest’albero spuntini fiori che diano frutti? Facciamo spallucce! Ma ecco il miracolo! Per un incomprensibile mistero della volontà di Dio, anche l’albero della Croce dà frutto, e per di più un frutto che dona la vita; non una vita qualsiasi, ma quella che dura per sempre, il frutto dell’albero della Croce non è piacevole e gustoso da mangiare. Dice Isaia: “non ha bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere”, eppure “vivrà a lungo e vedrà una discendenza”. Questo è capace di fare il frutto dell’albero della Croce.
L’umanità se n’è accorta un venerdì pomeriggio, un giorno come oggi, quando ad uno di questi alberi della Croce, di cui il giardino dell’umanità è disseminato, fu appeso un Frutto che è la salvezza del mondo, e che da quel giorno non ha più abbandonato l’umanità al suo destino.
Da allora, non c’è croce che non dia frutto, non c’è sofferenza che sia solo dannosa, non c’è male che venga solo per nuocere, non c’è dolore che non purifichi, non c’è sacrificio che non rafforzi, non c’è lacrima che non fiorisca. Perché Dio ha scelto di pendere con suo Figlio, come un frutto, da quell’albero della Croce. Accogliere questa Croce, farla scendere nel profondo delle miserie umane è “Via” che salva!
La Croce, da quel venerdì pomeriggio, non è certo scomparsa dalla faccia della terra, tutt’altro: ma non ha più l’ultima parola sull’umanità.