Chiesa Madre di Diamante

La Parola della domenica

IV Domenica di Pasqua

Dal vangelo secondo Giovanni 10,27-30

 In quel tempo Gesù disse: 27 «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

Riflessione

Il capolavoro di Gesù: è il Pastore che ha fatto di alcune persone eterogenee, in buona parte modeste, a volte litigiose, a volte gelose, un piccolo gregge, una comunità capace di essere un segno del Regno di Dio nella storia.

E’ una storia di relazioni fatta di ascolto, di conoscenza e di sequela. Sono gli elementi che danno contenuto a quel “credere” che è legame decisivo e autentificante dell’uomo con il suo Signore.

Ai discepoli è chiesto di rimanere nella fedeltà a Gesù, accanto a lui. E’ una relazione di fiducia e di responsabilità.

Il carattere di “pastore” di Gesù consiste nella relazione con il Padre e con le sue pecore, dunque con Dio e con i credenti. “Pastore” è un titolo relazionale, non funzionale. “Io e il Padre siamo uno”; “Io conosco le mie pecore”.

Alla luce del modo di essere di Gesù Pastore, si definisce l’essere ed il servizio dei pastori nella chiesa: è relazione personale con il Signore, nutrita dalla fede e dalla preghiera, e la relazione con le persone fatta di conoscenza, amore, ascolto, dedizione, dono della vita.

Nel vangelo di oggi è descritto un gioco delle mani : la mano di Gesù e la mano del Padre si identificano. La mano, nel vangelo di Giovanni, è simbolo dell’amore dato e ricevuto: “Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa” (Gv 3,35). La mano aperta del Padre per donare tutto al Figlio diviene la mano aperta del Figlio che tutto riceve dal Padre e che tutto riconsegna al Padre. E le nostre mani? A noi l’impegno a tendere la mano nel gesto di chi si dispone a ricevere la comunione nella confessione della propria povertà. Dall’esperienza di mani che ricevono si passa all’esperienza di mani che donano. E’ la storia stessa della chiesa! Deve poter essere la storia di ognuno di noi. Il credente, dice Gesù, nessuno potrà rapirlo dalla sua mano. Rimanendo in quell’amore si fa esperienza del dono della vita che viene da Dio e della comunione con lui.

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