10 febbraio 2021
L’esperienza soggettiva di Gesù, il Signore che salva, è vitale per ognuno. E’ necessario però anche far riferimento ad una sintesi di verità di fede dalle quali non si può prescindere. E così i Padri della chiesa di fronte all’insidia delle eresie, che facilmente s’insinuavano nei credenti, si sono preoccupati di formulare un “regola di fede”, detto anche “simbolo”. Corrisponde a quello che noi conosciamo come Credo o professione di fede. La fede ha una “regola” che richiama il “regolo”, il “righello” per tirare le righe e non uscire fuori di esse. In sostanza i Padri della chiesa ci hanno voluto dire che c’è una norma, una giusta misura nel credere. Così, nei primi Concili, hanno scritto e consegnato un parametro ai cristiani che li aiutasse ad essere certi di camminare nella fede che salva. Non è una regola inventata, ma formulata in base alla struttura insita nel Battesimo,che implicava già un atto di fede nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Quello che noi chiamiamo Credo i Padri lo chiamavano Simbolo. E’ una parola composta da “syn” che significa “con”, “insieme a” e “ballo” che significa “gettare”. Il senso completo è questo: “mettere insieme; unire le parti”. Ci hanno voluto dire che la fede ha una natura simbolica, cioè mette insieme le due parti della realtà “quella visibile e quella invisibile”. E’ chiaro l’insegnamento: ricomporre quello che il peccato divide. Il maligno infatti porta il nome esattamente al contrario di simbolo. E’ chiamato diabolos, che significa “contrapporre, dividere”. Il simbolo è ciò che unisce noi con Dio, noi fra noi, noi con noi stessi. Il diavolo opera al contrario.